Sfide demografiche sociali

ConsumAttore: quando i consumatori cambiano le regole del gioco

ConsumAttore? Il neologismo può sembrare vago, ma riflette un profondo cambiamento: esprime la volontà di un numero crescente di consumatori di non essere più i destinatari passivi di beni e servizi offerti dalle aziende. I consumatori sono diventati attenti nelle loro abitudini di acquisto e sono guidati nelle loro scelte da considerazioni etiche e ambientali. Questo nuovo rapporto con i consumi riguarda tutti i settori – alimentare, abbigliamento, energia, ecc. Diamo uno sguardo più da vicino al cambiamento dirompente che sta innescando una reazione a catena.

Pubblicato il 19 aprile 2021

ConsumAttore
LinkedIn
Twitter
Facebook
Email
Collegamento

Rompere con uno schema puramente verticale. Smettere di essere osservatori passivi. I tempi in cui si chiedeva un’alternativa al sistema capitalista sono finiti, è tempo di trasformare il sistema dall’interno, lentamente ma inesorabilmente. “In pratica, essere un consumatore critico significa adottare un approccio diverso, modificando il modo in cui si può esercitare pressione nei confronti del sistema capitalistico”, spiega Eric Rémy, professore specializzato negli aspetti culturali e sociali legati ai consumi1. Consumo sostenibile o responsabile, altro-consumo… Qualunque sia il termine utilizzato, l’ambizione è la stessa: fare del consumo un atto, se non politico, quanto meno consapevole.

L’affermazione di una prassi antica

Mentre questo approccio si è diffuso negli ultimi decenni, il fenomeno è più vecchio di quanto possa sembrare. Il primo boicottaggio da parte dei consumatori fu registrato nell’Inghilterra del XVIII secolo e prese di mira lo zucchero di canna dei Caraibi prodotto dagli schiavi. Questo primo movimento dei consumatori portò all’etichettatura di ‘zucchero dell’India orientale non prodotto da schiavitù’ sui vasi di zucchero. Più tardi, all’inizio del XX secolo, i consumatori iniziarono a riunirsi in associazioni dedicate. In Francia, la Lega dei consumatori fu fondata nel 1909 con lo slogan altamente evocativo “Spendo, dunque sono3“. Tuttavia, il consumo etico è decollato davvero solo nella seconda metà del XX secolo. Durante gli anni ’90, la denuncia da parte di una ONG americana, Global Exchange, di pratiche abusive da parte di marchi come Nike e Gap ha avuto risonanza nell’opinione pubblica di tutto il mondo.

Da allora questo trend è proseguito con lo stesso ritmo della sfiducia dei consumatori nei confronti delle aziende produttrici. La ragione non sta solo nell’emergenza climatica, ma anche in una serie di scandali sanitari che hanno lasciato un segno indelebile nella coscienza pubblica, tra cui i danni provocati dal fumo, il morbo della mucca pazza e i problemi legati all’uso di coloranti, additivi, ecc. Questa crisi di fiducia è alimentata anche dalla sensazione diffusa tra molte persone secondo cui la globalizzazione, moltiplicando gli intermediari e le distanze, rende impossibile una conoscenza precisa dei prodotti. Eppure, Internet sta dando ai consumatori la possibilità di scoprire di più su quello che stanno acquistando e di andare oltre lo storytelling di marketing delle aziende.

Responsabilità e ambiente, nuove opportunità per le scelte dei consumatori

Ma chi sono questi ConsumAttori, che modificano le loro decisioni di acquisto rispetto a nuove priorità? Identificare accuratamente le loro aspettative, come i loro profili, è un compito difficile. “A differenza di un attivista militante, i consum’Attori possono agire in modo individuale e puntuale. Questo è un problema quando si vuole interagire con loro, perché sono potenzialmente molto numerosi”, sottolinea Eric Rémy4.

Eppure, stanno emergendo diverse tendenze. Un’importante indagine condotta dall’Osservatorio Cetelem in 15 paesi europei5 ha esaminato l’evoluzione degli individui verso una coscienza collettiva dei loro consumi. “Nel 2010, abbiamo fatto questo tipo di studio e abbiamo scoperto il ConsumAttore, un individuo che consuma in modo più attento per la propria salute e per sostenere le piccole attività commerciali locali”, spiega Flavien Neuvy, Direttore dell’Osservatorio. “Oggi, l’ecologia è il tema chiave. Si consuma pensando anche agli altri6“. L’indagine ha anche evidenziato una serie di paradossi, a cominciare dal fatto che il 75% degli europei pensa che le proprie abitudini di consumo non cambieranno – mentre si dichiarano personalmente disposti a farlo. Allo stesso tempo, il 35% di loro ritiene che la soluzione al cambiamento climatico possa venire solo dai consumi stessi, spingendo il cambiamento da parte delle aziende. Inoltre, in un’indagine su larga scala condotta su 20.000 consumatori in Nord America, Europa ed economie emergenti, un terzo di loro ha dichiarato di scegliere i marchi in funzione del loro impatto ambientale o sociale7.

Una minoranza forte

Sebbene la tendenza sia innegabile, i ConsumAttori sono ben lungi dall’essere la maggioranza. La società di consulenza Kantar Worldpanel ha stimato nel 2018 che il 22% dei francesi ha scelto prodotti con una reputazione migliore o più virtuosa rispetto all’offerta standard. Per quanto riguarda il profilo tipico di questi nuovi consumatori, lo studio di Kantar ha indicato gli anziani, che vivono in aree urbane con redditi relativamente elevati. Sebbene siano una minoranza, ora sono una forza da non sottovalutare.

La ricercatrice Erica Chenoweth ha dimostrato come la mobilitazione anche di una piccola parte della popolazione sia sufficiente a far evolvere le abitudini sociali. Il suo progetto, che ha esaminato circa 100 campagne di resistenza pacifica non violenta tra il 1900 e il 2006 (“Why Civil Resistance Works,’ 2011), ha dimostrato che dal momento in cui il 3,5% della popolazione si mobilita per una causa traducendo la loro resistenza in comportamenti, queste cause hanno successo nel raggiungere i loro obiettivi8. Inoltre, le aziende hanno tutto da guadagnare dal prendere in considerazione le preoccupazioni dei consumatori più impegnati. In primo luogo, perché ciò consentirebbe loro di soddisfare una domanda economica molto precisa. Ma anche perché ci sono ragioni strategiche in gioco: nell’era dei social media, più il consumatore è impegnato, più è disposto a diventare un ambasciatore del marchio. La società di consulenza Bain & Co. stima che aumentare la retention dei migliori clienti del 5% comporti un aumento delle vendite tra il 25% e il 55%9.

La dimensione etica trova allora un punto di congiunzione con l’interesse economico. È un buon motivo per essere decisamente ottimisti sulla volontà delle aziende di includere il cambiamento climatico nelle loro strategie future.

  1.  https://www.jstor.org/stable/40593113?seq=1
  2.  http://www.bbc.co.uk
  3.  https://www.60millions-mag.com/2014/12/23/les-grandes-dates-de-la-consommation-et-de-60-millions-9870
  4. https://www.jstor.org/stable/40593113?seq=1
  5. Survey carried out by Harris Interactive from September 30 to October 22, 2019 among 14,200 people aged 18 to 75 in 15 countries (Germany, Austria, Belgium, Bulgaria, Spain, France, etc.), based on a representative national sample from each country.
  6.  https://www.20minutes.fr/economie/2704915-20200128-europe-consomme-davantage-pensant-autres-resume-flavien-neuvy-observatoire-cetelem
  7.  https://youmatter.world/fr/francais-rse-entreprise-importance/
  8. https://www.theguardian.com
  9. https://www.saveeat.co/quest-ce-quun-consomacteur-ses-attentes/

Da leggere anche