Rivoluzione technologica

I vantaggi di passare dalla guida assistita alla guida autonoma

Ogni anno gli incidenti automobilistici causano la morte di un milione e duecentomila persone. Il 90% degli incidenti sono dovuti a un errore umano. Sembra quindi logico, anzi urgente, utilizzare dei sistemi di guida assistita laddove le capacità umane non sono sufficienti.

Pubblicato il 27 novembre 2021

cpram
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I primi sistemi a guida assistita sono stati sviluppati negli anni Ottanta e hanno avuto un successo quasi immediato. I recenti sviluppi tecnologici (sensori a ultrasuoni, radar e telecamere) hanno reso possibili ulteriori progressi nella prevenzione degli incidenti. Combinando questi sistemi di rilevamento con i dati sulla navigazione e un vero e proprio cervello elettronico, è realistico prospettare auto a guida totalmente autonoma e automatizzata che abbiano come obiettivo ultimo quello di avere zero incidenti. I potenziali benefici per l’uomo, l’economia e la società sono ovviamente enormi. Questo mercato rappresenta un’eccezionale opportunità per i produttori automobilistici più all’avanguardia.

    I benefici della guida autonoma sono numerosi e la tecnologia è quasi pronta.
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    I fatti parlano da soli. Gli incidenti stradali causano oltre 1,2 milioni di morti all’anno e oltre 50 milioni di feriti. Più del 90% di questi incidenti sono dovuti a un errore umano.

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    Purtroppo, visto l’invecchiamento della popolazione mondiale e la crescente distrazione causata dall’iperconnessione dei guidatori, è difficile essere ottimisti su questo aspetto. Oltre all’enorme costo umano, ci sono anche dei costi elevati per la società e l’economia. Negli Stati Uniti, il costo economico degli incidenti stradali è stimato attorno ai 300 miliardi di dollari, ovvero il 2% del PIL. Tale cifra racchiude il costo dei danni ai beni, le perdite di produttività e le spese mediche e legali. Sembra quindi logico, anzi urgente, utilizzare dei sistemi di guida assistita laddove le capacità umane non sono sufficienti.

    Le origini della tecnologia per la guida assistita

    Il primo sistema di guida assistita è stato sviluppato nel 1980 quando la Bosch ha lanciato l’ABS (Antiblockiersystem), un sistema di assistenza alla frenata la cui funzione è quella di evitare che le ruote si blocchino in occasione di forti frenate.

      Quando un guidatore vede all’improvviso un ostacolo, la sua reazione istintiva è quella di schiacciare il pedale del freno, in questo modo le ruote si bloccano e perdono aderenza al terreno, e quindi il guidatore fa fatica a mantenere il controllo del volante e del veicolo. L’ABS, in maniera controintuitiva, diminuisce la pressione sui freni e permette di conservare l’aderenza. Questo è un esempio concreto di come l’automobile corregge le azioni dell’uomo.

        A metà degli anni Novanta si è poi passati dall’ABS all’ESC (controllo elettronico della stabilità), un sistema computerizzato con un sistema di frenata indipendente che serve a impedire che l’automobile esca fuori strada quando ci sono delle curve a gomito (sovrasterzo). L’ESC ha avuto un grossissimo successo. Nel 2007 la tecnologia era installata in oltre il 30% dei veicoli, mentre nel 2013 era presente in più di un’auto su due (100% nell’America del Nord, 78% in Europa, 39% in Asia). Stando alle previsioni, sarà presente in due terzi delle auto in tutto il mondo.

          Ci sono diversi motivi all’origine del successo di queste tecnologie. Grazie alla loro comprovata efficacia, la domanda è aumentata rapidamente tra i consumatori che sperano così di rendere più sicuro il loro veicolo.

            Sono anche diventate un importante argomento di vendita per i produttori di automobili. Logicamente queste “tecnologie di sicurezza attiva” sono andate progressivamente a integrare quelle più vecchie “di sicurezza passiva” come le cinture di sicurezza e gli airbag nei programmi di valutazione degli organismi internazionali indipendenti come l’Euro NCAP (European New Car Assessment Program) che valuta la sicurezza dei veicoli attribuendo loro un determinato numero di stelle compreso tra 0 e 5. I produttori di automobili hanno capito in fretta che dovevano ottenere cinque stelle per rimanere interessanti e competitivi. In un circolo virtuoso, i test Euro NCAP sono diventati sempre più stringenti anno dopo anno, contribuendo al miglioramento della sicurezza dei veicoli negli ultimi vent’anni.

              Infine, l’utilizzo di queste tecnologie si è intensificato per via delle pressioni normative. I regolatori hanno colto al volo l’opportunità di ridurre il numero e il costo degli incidenti e hanno reso obbligatoria l’installazione di queste tecnologie di guida assistita.

                Dal 2004 una legge europea obbliga i costruttori a dotare di ABS tutte le vetture di serie destinate al mercato europeo. L’installazione dell’ESC è diventata progressivamente obbligatoria a partire dal gennaio 2012. È interessante notare come i produttori di automobili abbiano sempre preceduto in quest’area i legislatori, mentre lo stesso non si può dire per i sistemi di controllo delle emissioni dei CO2 o di altre sostanze inquinanti che sono più difficili, se non impossibili, da monetizzare presso i clienti.

                  I recenti sviluppi tecnologici hanno consentito ulteriori progressi nella prevenzione degli incidenti. Con la proliferazione dei sensori a ultrasuoni, dei radar, dei sistemi LIDAR e delle telecamere, i veicoli sono ora capaci di anticipare i pericoli in strada attraverso tecnologie come i sistemi di avviso di deviazione dalla corsia di marcia, il monitoraggio degli angoli ciechi, il controllo della distanza e il controllo della velocità di crociera. Ben presto i sistemi automatici per le frenate d’emergenza e di prevenzione delle collisioni diventeranno uno standard.

                    Questo processo sarà accelerato dalla diminuzione dei costi delle componenti, perlopiù elettroniche, che si aggira attorno al 3%-5% annuo.

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                      Dalla guida assistita alla guida autonoma

                        Se la tecnologia può effettivamente aiutare l’uomo e salvare delle vite umane, non si potrebbero superare i sistemi di guida assistita e arrivare a una guida totalmente autonoma o automatica?

                        Pour franchir cette étape, il convient d’associer aux systèmes de détection décrits ci-avant un véritable cerveau électronique, ce qui est désormais clairement possible grâce aux progrès réalisés en intelligence artificielle. En fusionnant les données relevées par les capteurs capables de reconstituer numériquement l’environnement extérieur et en s’appuyant sur les données de cartographie, rien (ou presque) n’empêche désormais le véhicule de se déplacer de manière autonome d’un point A à un point B. L’agence fédérale américaine de sécurité routière (National Highway Traffic Safety Administration ou NHTSA) distingue 4 étapes vers l’automatisation complète des véhicules

                            • Les niveaux 1 et 2 relèvent des systèmes « classiques » d’aide à la conduite : le conducteur maintient le contrôle général du véhicule mais peut céder une autorité limitée (régulateur de vitesse). Le conducteur doit surveiller la route et être disponible à tout instant pour reprendre le contrôle du véhicule.
                            • Au niveau 3, le conducteur a la possibilité de céder le contrôle total du véhicule mais doit être disponible dans certaines circonstances dans un délai raisonnable. Dans ce cas, le véhicule est préparé pour la conduite autonome et peut déterminer quand le système n’est plus capable de s’adapter à un environnement modifié ou non-géré (zone de construction).
                            • Enfin, au niveau 4, le véhicule est totalement autonome. Le conducteur rentre simplement les données de navigation mais n’est censé prendre le contrôle du véhicule à aucun moment. Le véhicule ad hoc est capable de se déplacer en toute situation. C’est ce qui se rapproche le plus des Google cars, des automobiles sans volant (ni pédales ou levier de vitesse) capables de déplacer des gens selon un itinéraire prédéterminé. De tels niveaux d’automatisation (3 ou 4) pourraient bien être atteints d’ici 2020-2025.

                                Le modèle existant peut et doit certes encore progresser. C’est la raison pour laquelle les ingénieurs de Google procèdent à des tests en conditions réelles et parcourent des milliers de kilomètres à bord des véhicules autonomes afin de raffiner les modèles mathématiques et donner des réflexes « humains » aux véhicules.

                                    À titre d’exemple, si un capteur distingue un ballon sur une route, le véhicule saura l’éviter et continuera son trajet sans plus attendre tandis que le conducteur « humain » lui aura sans doute le réflexe de ralentir au cas où un enfant surgirait à la suite du ballon.

                                        Le conducteur « robot » doit donc être éduqué par l’homme. Cela n’est pas évidemment sans poser des questions fondamentales – choisir « volontairement » l’accident pour éviter de renverser un piéton ? Mais il faut aussi compter sur les capacités d’auto-apprentissage de l’intelligence artificielle pour se raffiner dans les années qui viennent.

                                            De plus, la connectivité croissante des véhicules permettra sans doute de perfectionner la conduite : une voiture accidentée pourra en effet envoyer un message d’alerte aux autres véhicules qui se rapprocheraient trop rapidement et conseiller des itinéraires alternatifs de manière à réduire encore les risques (dans le cas d’un virage sans visibilité de l’accident).

                                                Un bénéfice sociétal considérable…

                                                    Comme précédemment évoqué, le coût économique des accidents est très significatif. La NHTSA estime le coût économique d’un accident entre 14 000 $ et 18 000 $, selon la région du monde. En prenant les statistiques d’accidents de la route dans le monde, on arrive à un coût gigantesque de 1,2 trillion de $.

                                                        Or les véhicules autonomes pourraient bien réduire le nombre d’accidents (et donc ce coût) de 90 % !

                                                            Certains bénéfices indirects ne sont pas à négliger : l’automatisation, et donc l’optimisation des trajets, pourrait réduire la facture énergétique. Une étude évoque le chiffre de 50 milliards d’euros d’économies : réduction des accidents et embouteillages associés, optimisation des flux de circulation, saturation optimisée des routes…

                                                                Sans oublier les bénéfices d’une meilleure productivité : en effet, les véhicules autonomes par définition permettent à ses occupants de vaquer à de nouvelles activités. Beaucoup de valeur pourrait ainsi être créée en réallouant les heures de conduite à de nouvelles activités, professionnelles ou pas.

                                                                    Par exemple, en utilisant le coût moyen d’une heure travaillée et en l’appliquant au temps de trajet moyen par salarié (en se concentrant sur les salariés réellement capables de travailler dans un véhicule), on parvient rapidement au chiffre très significatif de 900 milliards d’euros.

                                                                        Enfin, il faut également prendre en considération l’opportunité financière associée à l’expansion de la mobilité à de nouvelles populations. Les véhicules autonomes permettraient en effet de fournir de la mobilité à des millions de personnes dans le monde qui n’y ont pas accès aujourd’hui en raison de leur âge ou bien d’un handicap.

                                                                            …et une belle opportunité pour certains équipementiers automobiles

                                                                                Une étude récente de McKinsey estime que d’ici 2030, jusqu’à 50 % des véhicules vendus dans le monde seront semi-autonomes et que 15 % seront totalement autonomes.

                                                                                    Le contenu additionnel est estimé à 1 000 $ pour un véhicule semi-autonome et à 4 000 $ pour un véhicule autonome. En ce qui concerne les 35 % de véhicules restants, il faut facilement envisager 300 $ de contenus supplémentaires correspondant à des systèmes plus traditionnels d’aide à la conduite (dans doute devenus obligatoires d’ici 2030). En conséquence, en prenant les hypothèses de McKinsey et celle d’un marché automobile mondial d’environ 100  millions de véhicules, on parvient au montant de 120 milliards de dollars (une étude de Goldman Sachs évoque même le chiffre de 180 milliards de dollars). Ce marché énorme devrait se partager entre un certain nombre d’acteurs de l’équipement automobile : les fabricants de capteurs, les fournisseurs de cartes, de systèmes de connectivité (et donc certains opérateurs télécoms), les spécialistes des interfaces hommes-machines et bien sûr… les fournisseurs de logiciels. À noter que cette tendance vers l’automatisation pourrait aussi pousser à l’accélération de l’électrification du parc automobile. En effet, le déploiement de véhicules autonomes devrait entraîner une meilleure utilisation/saturation des véhicules (moins de véhicules sur les routes mais utilisés plus fréquemment) ce qui permettrait d’amortir plus rapidement les coûts élevés de certains composants propres aux technologies électriques (notamment la batterie). L’automatisation des automobiles favoriserait donc indirectement les équipementiers impliqués dans l’électrification du parc automobile.

                                                                                        Il y aura sans doute aussi des perdants : en effet, quel besoin de rétroviseurs quand l’automobile est équipée de multiples caméras et capteurs ? En théorie (et ce n’est bien que de la théorie), avec un taux d’accident en chute libre, certains équipements de sécurité passive (airbags) pourraient perdre de leur utilité. Et quid des volants pour des voitures se conduisant toutes seules telles les Google cars ? En revanche, certains autres équipementiers resteront « indisruptables ». aujourd’hui considérés comme fournisseurs de produits à faible valeur ajoutée, ils pourraient à terme retrouver la faveur de certains investisseurs. En effet, il est très probable que nous aurons toujours besoin d’un certain nombre de sièges ou de pneus dans les voitures de demain !

                                                                                            — Frédéric Labia, Analyste Actions, Amundi

                                                                                              Da leggere anche